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Il ruolo della Sanità

Articolo 3, comma 1: “La diagnosi dei DSA è effettuata nell'ambito dei trattamenti specialistici già assicurati dal Servizio sanitario nazionale a legislazione vigente ed è comunicata dalla famiglia alla scuola di appartenenza dello studente. Le regioni nel cui territorio non sia possibile effettuare la diagnosi nell'ambito dei trattamenti specialistici erogati dal Servizio sanitario nazionale possono prevedere, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, che la medesima diagnosi sia effettuata da specialisti o strutture accreditate”. (Legge 170, 08/10/2010) 

È evidente la  responsabilità degli operatori sanitari  in tema di diagnosi. 

Una buona diagnosi, infatti, può essere di grande aiuto per alcune scelte fondamentali, come gli strumenti compensativi, le misure dispensative e le strategie di studio più adeguate al singolo studente.

In particolare, i tecnici dei servizi sanitari devono fornire una descrizione approfondita del profilo cognitivo e funzionale del ragazzo che metta in evidenza le aree di forza e le aree di debolezza, in modo da fornire ai docenti le informazioni di base su cui costruire le ipotesi di intervento, la scelta delle strategie didattiche più adeguate e la formulazione di un piano didattico personalizzato. 

Nel documento Raccomandazioni delle Consensus Conferences sui DSA del 2011 ci sono indicazioni ben precise sulla strutturazione della relazione diagnostica.

Una relazione clinica precisa  dovrebbe essere costituita dalle seguenti parti:

  • diagnosi e relativi codici ICD 10
  • valutazione neuropsicologica (competenze cognitive, competenze linguistiche, abilità scolastiche: lettura, scrittura, comprensione del testo, calcolo)
  • area affettivo relazionale
  • proposte e suggerimenti per l’intervento
  • strumenti dispensativi e compensativi suggeriti

Il contributo dei tecnici della Sanità è certamente importante per far capire bene il fenomeno dei DSA, ma i loro suggerimenti  non possono certamente essere prescrittivi: sono i docenti gli esperti di didattica e, grazie alla loro  professionalità pedagogica ed educativa, sono loro i responsabili della realizzazione di un percorso adeguato per i ragazzi con DSA.

Nel percorso diagnostico vengono prima di tutto indagati i parametri che danno una risposta a questi quesiti:

  • Esiste un reale problema? 
  • Qual è l’esatta natura del problema: c’è un DSA? 
  • Quale? 
  • Quale è l’entità del problema: grave, medio, lieve?

La risposta viene data da una diagnosi detta di primo livello.

Solo una diagnosi di secondo livello, però, analizzando le abilità sottostanti i singoli sistemi, evidenzierà non solo le debolezze, ma soprattutto i punti di forza dello studente.
Queste informazioni sono utili affinché i docenti possano aiutare i ragazzi con DSA a compensare, perché ogni ragazzo è in grado di trovare strategie personali per superare le difficoltà strumentali.

È quindi importante che le figure professionali abilitate all’individuazione dei DSA rilascino documenti rispondenti alle necessità della scuola.

La diagnosi è di tipo multidisciplinare, perché coinvolge tante figure professionali:

  • neuropsichiatra infantile
  • psicologo, logopedista
  • neuro-psicomotricista dell’età evolutiva
  • pedagogista clinico.

Nella 3° Consensus Conference si sottolinea che un team clinico multiprofessionale e multidisciplinare garantisce una maggiore appropriatezza e integrazione, non solo nel processo diagnostico, ma anche per la presa in carico e abilitazione/riabilitazione.

La diagnosi coinvolge prima di tutto il neuropsichiatra o il neuropsicologo, che valuterà l’intelligenza (Q1), per escludere un ritardo mentale anche lieve (che può dar luogo a difficoltà che possono essere in parte sovrapponibili a quelle di chi ha un DSA) ed eventuali danni neurologici.
Poiché molti ragazzi con dislessia hanno problemi di linguaggio, potrebbe essere coinvolto un altro medico: il foniatra.

Verranno poi indicati dal clinico degli approfondimenti presso altre figure specialistiche in base alle caratteristiche del ragazzo:

  • il logopedista, che analizzerà la velocità, l’accuratezza e la comprensione della lettura e della scrittura, le abilità numeriche e tutti gli eventuali automatismi ancora non stabilizzati (mesi dell’anno, tabelline ecc.);
  • l’ortottico, che farà un controllo approfondito dei movimenti oculari;
  • l’optometrista, che esaminerà le capacità visuopercettive;
  • il neuropsicomotricista dell’età evolutiva, che farà un bilancio della motricità fine della scrittura e di tutta la coordinazione motoria;
  • lo psicologo, che osserverà il ragazzo nella sua globalità;
  • lo psicopedagogista, che indicherà i percorsi didattici più funzionali.

I genitori non si devono spaventare di tutte queste figure coinvolte (che non sempre devono essere chiamate in causa tutte), anzi devono attivarsi subito, perché  una diagnosi precoce riduce il rischio delle ricadute psicologiche, negative per la crescita del ragazzo (ansia, depressione, bassa autostima ecc.).

Al termine di tutte le prove effettuate dai vari specialisti, il medico può stilare la diagnosi.

La diagnosi è importante perché aiuta a conoscere le caratteristiche del disturbo e a convincersi che c’è sempre un modo per superarlo.

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