L’ADHD, acronimo inglese da Attention Deficit Hyperactivity Disorder, è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato dalla contemporanea presenza di importanti, gravi e persistenti difficoltà dell’attenzione e del controllo motorio.
Il DSM 5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) lo inserisce insieme ad altre problematiche tipiche dell’età evolutiva, tipo il disturbo dello sviluppo intellettivo, il disturbo dello sviluppo della comunicazione (compresi i disturbi del linguaggio), i disturbi dello spettro autistico, i disturbi dello sviluppo motorio e i disturbi specifici dell’apprendimento. Questo perché è frequente la co-occorrenza delle difficoltà: soggetti con problematiche ascrivibili allo spettro autistico spesso hanno difficoltà anche sul versante dello sviluppo intellettivo; sono iperattivi e presentano frequentemente difficoltà di apprendimento non necessariamente legate al disturbo cognitivo.
Quando si parla di ADHD, quindi, bisogna sempre far riferimento all’insieme delle difficoltà presentate dal bambino/ragazzo, che spesso non sono ascrivibili ad un semplice e solo disturbo dell’attenzione con iperattività.
È un disturbo evolutivo dell’autocontrollo, che include difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività. Questi problemi derivano sostanzialmente dall’incapacità del bambino/ragazzo di regolare il proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da raggiungere e delle richieste dell’ambiente.
Nell’ultimo manuale diagnostico (il DSM 5), è stato proposto di modificare i criteri diagnostici di questo disturbo in base all’età del bambino: cioè, per confermare la diagnosi, il bambino/ragazzo deve presentare i sintomi dall’età dei dodici anni, e non più dai sei/sette, come in precedenza. Ancora oggi, però, non sono pochi coloro che ne negano addirittura l’esistenza.
La questione è, quindi, molto complessa e deve spingere gli operatori sanitari ad estrema cautela per non correre il rischio di definire come portatore di ADHD un bambino particolarmente “vivace”.
I bambini con questo disturbo rappresentano spesso un grave problema non solo per le famiglie, ma anche per la scuola e per tutti i contesti all’interno dei quali si trovano inseriti. È bene precisare che l’ADHD non è il risultato di una disciplina educativa inefficace, a casa e a scuola, … e tanto meno un problema dovuto alla “cattiveria” del bambino/ragazzo.
Elemento importante da tenere sempre in considerazione e che vale per tutti i bambini con ADHD è la loro diversa “percezione” dello scorrere del tempo. Per loro il tempo scorre molto più velocemente. Chiedere ad un ragazzo con ADHD di star fermo 5 minuti equivale a chiedere ad un altro di fare la stessa cosa per 15-20 minuti. Il tempo interno in questi ragazzi scorre molto più velocemente.
Le difficoltà di attenzione possono essere associate all’iperattività o essere isolate e riguardare uno o più processi di controllo.
In ogni caso, la manifestazione clinica del disturbo può cambiare da bambino a bambino e da contesto a contesto ed è il risultato di una serie di variabili che ne determinano poi il fenotipo comportamentale.